Morire oggi non è facile

Morire oggi non è facile. Abbiamo dimenticato. Secoli, millenni di storia durante i quali la morte era un fenomeno naturale, presente nella vita di ognuno, frequentemente visibili all'interno delle comunità a causa della durata inferiore della vita, di un più alto tasso di mortalità, soprattutto infantile, dalla frequenza di epidemie di malattie difficilmente curabili, sono stati da noi cancellati in questi ultimi pochi decenni.

Ora la morte è tabù. E' la sconfitta della vita, della lotta per l'immortalità. E' la peggior nemica per chi sia totalmente immerso nella cultura attualmente dominante, quella della perfezione, dell'apparenza, dell'attaccamento morboso alla forma. Siamo continuamente bombardati da messaggi pubblicitari che ci impongono di esseri belli, atletici, ben vestiti, ricchi e felici, perché questi sono i valori che contano nella società odierna.

Abbiamo dimenticato. Abbiamo perso il senso di ciò che realmente conta. Ed è proprio questa perdita di senso che fa si che si cerchi di eliminare, di esorcizzare, di nascondere tutto ciò che è dolore, che è tristezza, che è bruttura: la diversità, la malattia, l'handicap, la sofferenza, la vecchiaia, la morte.

Il nostro desiderio di immortalità è tale da portarci alla negazione di ciò che è la realtà: siamo umani, semplici esseri umani soggetti alle ingiurie del tempo e delle malattie, ma non per questo identificabili con esse.

Una persona dovrebbe poter sempre rimanere tale in ogni condizione. Dovrebbe poter mantenere la propria dignità ed il proprio valore anziché trasformarsi nel "malato", nel "vecchio", nel "disabile". Etichette terribili che spersonalizzano, che umiliano, che peggiorano la qualità della vita di chi è costretto a portarle.

La morte fa così tanto paura, che si cerca di non guardarla mai in faccia. La si vede ogni giorno in cronaca e nei films, ma quella vera, quella normale, quella che toccherà anche a noi, la si nasconde dietro i paraventi degli ospedali e nelle camere anonime degli ospizi. E' così spaventosa che persino quando se ne parla, spesso la si sfugge comunque idealizzandola creando il mito della buona morte, altrettanto sbagliato quanto la demonizzazione.

La morte buona, bella non esiste. Esiste una morte più o meno serena, più o meno accettata. Esiste a volte, il vivere quel momento come un consapevole abbandono piuttosto che come un insostenibile scontro. Ma per arrivare a questo sono necessarie alcune condizioni. La persona che si avvicina alla fine della propria vita non ha bisogno di pietà, di commiserazione, di inutili menzogne sul futuro, ma ha bisogno di cure, di tutte le cure necessarie a renderle più sopportabile l'ultimo respiro.

 un'accompagnatrice