Una goccia d'acqua

Cammino, respiro, assaporo le luci, i colori, la vita intorno e dentro di me. Le guance rosse di un bimbo infreddolito, la luna posata nel cielo come uno spicchio di limone appeso lì, per gioco, da qualche burlone...

Che fatica lasciare quegli occhi, quegli occhi persi ad inseguire fantasmi, quegli occhi che forse vedono cose che io non vedo, quegli occhi che ad un tratto si fanno vivi e si fissano nei miei, implorando... 

Che fatica lasciare quella mano, quella mano che si aggrappa alla mia, quella mano che mi cerca, quella mano cui non importa chi sono, cui non importa se a volte sono terrorizzata dalla vita, se piango nel buio ore di lacrime profonde, se talvolta non so neppure chi sono io. Una mano incontra una mano, dita sfiorano, leggere e discrete, anni di lavoro e fatica, altre dita rispondono, stringono, parlano, a volte urlano... chi è lei? Chi sono io? Astronauti perduti nel cielo siderale che circonda un letto d'ospedale. Esseri che si sfiorano, vite che si incontrano e si scambiano doni mentre la morte le guarda dalla soglia e attende paziente.

Ogni giorno un volto, una sofferenza nuova e sconosciuta, ma sempre una dignità antica, composta. Un pudore commovente che, fra le sofferenze più grandi, muove la mano ad abbassare una camicia sollevata, a coprire un corpo che ormai non rappresenta più la persona, un corpo che si fa trasparente cristallo, labile confine per l'anima.

E' passato un anno... Perché accompagno?  Forse perché ho un sacco d'amore dentro che chiede solo di uscire e come acqua di sorgente non si esaurisce mai.  Forse perché ho smesso di raccontarmi palle e cerco intorno a me  situazioni e persone vere.  Forse perché credo che una goccia non sia diversa dall'oceano e che il mondo possa essere fermato in qualsiasi istante.  Forse perché c'è sempre una mano che aspetta un'altra mano.

un'accompagnatrice